di Bianca Casale e Valentina Isernia
immagine di copertina: Yule, illustrazione tratta dal Calendario delle Radici 2022 di Angela Betta Casale
Yule è la festa del solstizio invernale. È il momento in cui le ore del giorno sono le più brevi dell’anno, e di conseguenza, vi è la notte più lunga. Secondo la tradizione, la Dea da vita al Dio, rappresentando la rinascita della luce. In questo momento dell’anno gli spiriti della Terra (e dei boschi) sono spinti a riposare, per prepararsi al lavoro che ci sarà nel ridare alla Terra i nuovi boccioli di vita, con la Primavera. E ha dato vita al nostro modo di festeggiare il Natale
// Yule nelle diverse culture
In maniera differente, questa festività è stata tramandata negli anni da diverse culture.
Presso i popoli celtici, ad esempio, era in uso un rito in cui le donne attendevano, immerse nell’oscurità, l’arrivo della luce-candela portata dagli uomini con cui veniva poi acceso il fuoco attorno a cui si festeggiava.
Nella mitologia nordica, invece, Jolfoor (padre di Yule) e Jolnir (Yule) erano nomi di Odino che, secondo alcune versioni, era portatore di doni: in sella al suo destriero Sleipnir, Odino solcava i cieli e le dimore degli uomini insieme a numerosi spiriti e guerrieri (Babbo Natale e la sua slitta con le renne?). Il popolo, proprio per ingraziarsi la divinità, riempiva calze e scarpe di fieno e carote, per sfamare l’impetuoso cavallo a otto zampe.
I Sassoni, invece, celebravano Modranect il 24-25 Dicembre, la notte della Madre. Era la celebrazione della nascita del sole per il solstizio d’inverno. Il giorno che seguiva la notte della Madre era per festeggiare la Dea.
Gli antichi Greci onoravano una celebrazione simile per assistere il Dio Cronos in battaglia contro Zeus e i Titani; i Romani, invece, festeggiavano il Dio Saturno: la festa, difatti, si chiamava Saturnalia, in onore della divinità che aveva regnato prima di Zeus, in un’epoca considerata età dell’oro poiché la natura produceva spontaneamente tutto quello di cui l’uomo aveva bisogno, senza che fosse costretto a lavorare.
// L’origine dei regali, delle decorazioni e dell’albero di Natale
“Jo Saturnalia” era il saluto tipico della Saturnalia, quando nei giorni compresi tra il 17 e il 23 dicembre, ci si incontrava mascherati per le strade; era in uso preparare di grossi e lauti pranzi e andare a trovare amici e parenti e per scambiarsi dei regali di buona fortuna chiamati Strenae (da qui la tradizione delle “strenne” natalizie); si decoravano le case con ghirlande di alloro e sui sempreverdi venivano accese candele. Gli schiavi venivano resi liberi.
L’albero è rimasta una tradizione moderna ma ha perso molto del suo profondo significato: i sempreverdi erano un elemento fondamentale delle celebrazioni del solstizio invernale, un simbolo della vita che persiste anche con il freddo e l’oscurità dell’inverno e fortemente legato agli spiriti dei boschi. In Scandinavia venivano celebrati portandogli in dono birra e pane o trasportanoli in casa così che gli spiriti dei boschi avessero un posto dove restar caldi nei mesi
invernali. Il suono delle campanelle appese ai loro rami segnava proprio la presenza di uno spirito, il cibo era appeso per farli mangiare e una stella a cinque punte, il pentacolo, simbolo dei 5 elementi, era messo a capo dell’albero.
Durante Yule, i bambini erano portati di casa in casa a regalare mele speziate ai chiodi di garofano e arance pieni di chiodini infilati nella buccia, che tenevano in cesti di rami di pino insieme a dei gambi di grano ricoperti di farina. Un rametto di agrifoglio veniva tenuto tutto l’anno per assicurare fortuna alla casa e a chi ci risiedeva. Come festa del Sole, Yule era celebrato attraverso il fuoco e l’uso di un ceppo di cui veniva conservato una piccola parte per proteggere la casa nel corso dell’anno. Questa antica tradizione di matrice inglese prevedeva in particolare l’uso di un ceppo di Quercia tagliato, decorato con aghi di pino e pigne e quindi bruciato nel caminetto per simbolizzare il sole che ritorna.
La pianta sacra del Solstizio d’Inverno era il vischio, pianta sacra ai druidi, considerata una pianta discesa dal cielo, figlia del fulmine, e quindi emanazione divina. Equiparato alla vita, ed unito alla quercia – il sacro albero dell’eternitá – questa pianta partecipa sia del simbolismo dell’eternitá che di quello dell’istante, simbolo di rigenerazione ma anche di immortalitá. Ancora oggi baciarsi sotto il
vischio è un gesto propiziatorio di fortuna anche se queste usanze solstiziali sono state trasferite al moderno Capodanno.
Quando i missionari iniziarono la conversione dei popoli germanici, la festa di Yule si trasformò nel Natale, mantenendo però alcune delle sue tradizioni originarie. Fra i simboli moderni del Natale che derivano da Yule compaiono, oltre all’albero addobbato, l’uso decorativo del vischio e dell’agrifoglio, i colori della stagione, rosso e verde, l’abitudine di scambiarsi i regali.
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