Continua il nostro viaggio nel tempo del calendario celtico. In questi giorni si celebra Mabon, il sabba dell’Equinozio d’Autunno, festività che coincide con il penultimo ciclo dell’anno agricolo e l’imminente arrivo della stagione fredda
di Bianca Casale e Valentina Isernia
immagine di copertina tratta da un’illustrazione di Akimao
La discesa del sole ed il tramonto dell’anno verso la stagione autunnale, foriera del buio dell’inverno e del riposo della Terra. Questo è un tempo di equilibrio, quando luce e buio sono ‘uguali’ e astronomicamente inizia l’Autunno. Cade tra il 20 ed il 23 Settembre e noi lo conosciamo più tecnicamente come Equinozio d’Autunno, ma nel calendario celtico è Mabon (“giovane uomo” o “figlio divino”), spesso indicato come Mabon ap Modron (Mabon figlio di Modron): un dio della giovinezza, della caccia, della vegetazione e dei raccolti, figlio di Modron e di Mellt.
L’associazione di Mabon con l’Equinozio d’Autunno è in realtà un errore storico: negli anni ’70, l’autore wicca Aidan A. Kelly decise di sua sponte che c’era bisogno di una precisa figura da associare a questo periodo e scelse questa divinità per le assonanze della sua storia mitologica con il periodo.
Nella versione della mitologia gallese Mabon fu sottratto alla madre tre giorni dopo la nascita. Visse poi ad Annwn (l’oltretomba, finché venne salvato da Culhwch o da Artù, a seconda delle versioni della storia) e a causa di questo rimase giovane per sempre.
Viene dunque posizionato alla fine del periodo più faticoso dell’anno, quello in cui viene effettuato il secondo raccolto. Il ciclo produttivo e riproduttivo è concluso, le foglie cominciano ad ingiallire e gli animali iniziano a fare provviste in previsione dell’arrivo dei mesi freddi, si raccolgono le uve, le castagne, le mele cotogne, le melagrane e si pigia il vino.
Si pensa che il nome Mabon derivi dal dio celtico Maponos e, secondo alcuni studiosi, il dio è associabile all’Apollo Maponus delle iscrizioni romano-britanniche, il cui culto era praticato dai legionari romani di presidio al Vallo di Adriano, una sorta di Apollo celtico; altri lo ritengono accostabile a Demetra o a Persefone a causa delle forti analogie presenti fra loro.
// I rituali
Il simbolo di Mabon è la Cornucòpia – dal latino cornu (corno) e copia (abbondanza) -. E’ un simbolo mitologico di cibo e abbondanza che ben si adegua a rappresentare lo spirito di completezza di questo periodo, fortemente legato alla Dea Madre e che proviene da uno dei corni che Eracle spezzò ad Acheloo (dio fluviale figlio di Gea) dopo la sua traformazione da serpente in toro.
Il motivo per cui la Cornucopia è associata all’equinozio autunnale deriva dal fatto che è questul’timo è il momento del cosiddetto “secondo raccolto” (il primo si celebra ad agosto con il taglio dei cereali e il terzo a novembre, con il raccolto degli ultimi prodotti spontanei). Il secondo raccolto è particolarmente importante perché si trovano diversi frutti e ortaggi che possono mantenersi a lungo se ben conservati Infatti, Mabon, anticamente e nel neopaganesimo, è anche il tempo delle conserve e delle radici officinali da raccogliere per le tisane invernali: Tarassaco, Angelica, la stessa Mandragora, mitica pianta delle streghe. Molte specie migratorie –
come le rondini – avviano il loro lungo viaggio verso sud.
Ancora oggi, in settembre, un po’ in tutte le zone rurali si svolgono le feste del raccolto (o feste dei pagliai). Oggi si usa ringraziare la terra per ciò che ha offerto in collaborazione con il lavoro dell’uomo, ma possiamo immaginare si tratti del retaggio delle antiche usanze che oggi chiamiamo con il termine neopagano Mabon e che chiudevano i temi cerimoniali iniziati a Lughnasadh.
Anticamente il raccolto poteva considerarsi duro e bisognoso di un appropriato rituale per propiziare la terra alla semina futura, per questo il mietitore dell’ultimo covone (le balle di fieno) doveva porre gran cura nel suo lavoro. Qui, infatti, si pensava potessero essere concentrate sia fertilità che carestia e perciò il mietitore lanciava sul campo il falcetto voltando le spalle, in modo che il taglio delle piante potesse essere un atto deciso dagli dei e non dall’uomo. Dopo il taglio ed il raccolto, quindi, il mietitore dell’ultimo covone intrecciava una “bambolina di grano”, da custodire come spirito fertile. La bambola veniva conservata fino al raccolto successivo e solo allora bruciata per tornare alla Terra e essere sostituita dalla successiva alla fine della nuova mietitura. Tutto ciò in caso di buon raccolto, altrimenti si dava alla bambolina il nome di Cailleach, la sterile megera, antitetica alla fertilità.
// La contaminazione con il culto cristiano
Ed eccoci al nostro solito appuntamento con le contaminazioni fra paganesimo e cristianesimo. Il 21 Settembre si festeggiava Mithra, signore del Cosmo e mediatore fra gli Dei e gli Uomini, divenuto poi per la tradizione cristiana, San Michele, l’arcangelo di fuoco e luce contrapposto al suo gemello oscuro Lucifero.
Nei paesi anglosassoni, ancora oggi l’equinozio d’autunno è Michaelmas e viene celebrato con rievocazioni che ricordano il celestiale scontro.
Per noi, esseri degli anni venti del secolo XXI forse questa festività non ha più il valore che poteva avere nell’antichità ma il momento conserva la valenza di influire sul nostro umore e, non diversamente dai nostri avi, rappresentare l’equilibrio e aprire il momento di preparazione al riposo invernale.