di Ludovico De Bonis
La canzone Gloomy Sunday (“Triste Domenica” in italiano), è conosciuta come la canzone ungherese del suicidio a causa di una leggenda che gira sul suo conto riguardo a numerose morti ad essa legate
Le leggende metropolitane si insinuano anche nel meraviglioso mondo della musica. Da sempre si parla di tracce fantasma, tracce che se ascoltate al contrario nascondono dei veri messaggi subliminali che evocano satana, tracce che incidono negativamente sulla nostra mente fino a condurci al suicidio.
I più curiosi sono stati spesso tentati dal verificare se tali dicerie e credenze posassero le loro origini su un fondo di verità: comodi di fronte al loro giradischi ad armeggiare con puntine, levette e bottoni per variare la direzione o la velocità dei loro vinili, nella speranza di riuscire a scovare qualche mistica diavoleria o qualche rumore inconsueto come il pianto di un bambino o qualche istruzione poco benevola.
Il mistero di Gloomy Sunday, titolo inglese della canzone ungherese Szomorú Vasárnap composta nel 1933 dal musicista Rezsö Seress, conosciuta anche come la canzone ungherese del suicidio, però, non cela nessuna trovata pubblicitaria e nessun mistero sovrannaturale. La storia di questa canzone pare sia principalmente legata ad una maledizione che si instilla tra le note ed ha delle ripercussioni sinistre, in particolare, su chi ascolta il brano incriminato.
Il testo della canzone, suddiviso in due strofe, fu scritto di getto e composto a Parigi a seguito di una profonda e dolorosa delusione d’amore determinata dalla fidanzata che decise di lasciarlo a causa dei suoi continui insuccessi artistici e professionali. Rezsö Seress, preso dallo sconforto e dalla disperazione, attraverso la sua scrittura in musica, parlava del suicidio come unico modo di dimostrare il proprio amore a chi non credeva nella sua sincerità.
Rezso faticò a trovare editori a causa della malinconia della musica. Uno dei potenziali editori dichiarò:
Non è che la canzone sia triste, è che in essa è contenuta una sorta di disperazione. Non credo che farebbe del bene a nessuno ascoltarla
Il poeta László Jávor scrisse poi un testo alternativo intitolato “Szomorú vasárnap” (Triste Domenica), che venne registrato nel 1935: la storia di un giovane che si suicida dopo la morte della sua amata.
Il vero motivo che, secondo il chiacchiericcio popolare, rende questo pezzo una “canzone maledetta”, è sancito dalla strana coincidenza che esso è legato ad una serie di morti misteriose.
Il primo caso documentato si verificò proprio a Budapest nei primissimi mesi del 1936. Il calzolaio Joseph Keller fu trovato morto nella sua casa. Si intuì subito che si trattava di suicidio e la polizia scoprì, vicino al corpo, una lettera di addio in cui citava alcuni frammenti della canzone uscita qualche tempo prima. Gloomy Sunday aveva mietuto la sua prima vittima.
Si contarono almeno 17 casi di morti sospette legate alla canzone maledetta Gloomy Sunday. La maggior parte delle vittime avevano adottato lo stesso modus operandi: si erano tolte la vita gettandosi nel Danubio portando con sé una copia della canzone. Per questo motivo, in tutta l’Ungheria, la canzone fu vietata nelle trasmissioni radiofoniche e nelle esibizioni pubbliche.
Nonostante gli eventi drammatici e i numerosi deceduti collegati alla canzone, il suo successo era ormai un dato di fatto. Il musicista ungherese, sospinto dal suo desiderio di rivalsa, decise di contattare nuovamente la sua ex fidanzata per tentare una riconciliazione e soprattutto per dimostrarle che la sua perseveranza era stata premiata.
Quando un lieto fine sembrava vicino ecco la canzone colpisce ancora. A distanza di pochi giorni da quel riavvicinamento tanto atteso e desiderato, la musa del musicista Rezsö Seress fu trovata morta suicida a seguito di un avvelenamento. Anche in questo caso, accanto al suo corpo, fu trovato un foglio su cui erano riportate le parole di Gloomy Sunday.
La canzone si diffuse nel resto d’Europa e il suo ascolto oscuro e maledetto non smetteva di nuocere vittime. A Berlino durante un concerto dal vivo, un giovane chiese alla band di suonare Gloomy Sunday. Tornato a casa si sparò lasciando scritto che quella canzone gli era entrata in testa e lui doveva “spegnerla”.
Sempre a Berlino, una settimana dopo, una giovane commessa si impiccò nel suo appartamento, nella stanza fu ritrovata una copia del testo di Gloomy Sunday.
Anche in Italia, precisamente a Roma, ci fu il caso di un ragazzo che mentre passeggiava in bicicletta sul lungotevere, si avvicinò ad un vagabondo che suonava, con la chitarra, la canzone maledetta. Così, scese dalla bicicletta e, dopo aver dato all’uomo tutti i soldi di cui disponeva si gettò nel fiume.
A Londra una donna fu rinvenuta morta nel suo appartamento: si era suicidata ingerendo una dose massiccia di barbiturici. I vicini chiamarono la polizia allarmati dal volume spropositato dello stereo nell’appartamento adiacente, che trasmetteva in ripetizione sempre la stessa canzone: Gloomy Sunday.
Se da un lato, l’aumento dei suicidi in Inghilterra ha portato la BBC a vietarne la diffusione all’interno del proprio palinsesto, dall’altro, la Chappel & Company, una società inglese che pubblicava musica e produceva pianoforti, era decisa a promuovere la canzone in tutta l’America.
Questa decisione, apparentemente innocua, portò una scia di morti.
Nel maggio del 1936, Philip Tangier Smith Cooke, uno studente del Hobart College di Geneva nello stato di New York, fu trovato senza vita, la sera del ballo di fine anno. Un amico che fu interrogato poco dopo l’accaduto, dichiarò alle forze dell’ordine che poco prima la vittima gli aveva detto che “era una domenica tetra (Gloomy Sunday), lo farò stanotte”.
In ogni caso, l’infausta nomea, i divieti di trasmissione, i boicottaggi alla radio e nelle esecuzioni, non scoraggiarono il successo della canzone e un numero sempre maggiore di artisti si interessò al caso, tanto che dal 1940 in poi la troviamo inserita nel repertorio di grandi nomi della musica: Billie Holiday, Ray Charles fino alla più recente Bjork. Per dovere di cronaca, bisogna precisare che da Billie Holiday in poi, la versione diffusa non è più quella “maledetta” composta da Seress ma presenta un testo modificato (ampliato di una strofa) interpretato in chiave ottimistica, nel quale alla fine della canzone non si fa più riferimento al suicidio. La versione rivisitata di Gloomy Sunday, infatti, sottolinea che il gesto estremo è un atto immaginato che non trova nessuna corrispondenza nel mondo reale. I nuovi interpreti e le nuove versioni, fecero perdere il ricordo del vero autore della canzone e Seress fu dimenticato da tutti.
La sventura e la maledizione non escluse nemmeno il suo legittimo esecutore che, nel 1968, muore suicida gettandosi dal balcone del suo piccolo appartamento all’ottavo piano di un palazzo di Budapest, l’autore di Gloomy Sunday.